Referendum Venezia: quello che i dati dicono, quello che i dati non dicono, quello che i dati suggeriscono
I risultati del Referendum per la separazione in due Comuni di Venezia e Mestre del 1 Dicembre 2019 si prestano a interpretazioni opposte. C’è chi mette l’accento sulla vittoria del sì, che ha raccolto il 66% dei voti totali, cifra che sale all’83% nella Città Antica e all’86% nell’Estuario. C’è poi chi fa notare che per la prima volta il “Sì” ha vinto, e che ha vinto anche in alcune zone importanti della Terraferma, come la Municipalità di Mestre-Carpenedo. E infine ci sarà chi evidenzierà che l’affluenza si è fermata a un misero 22%, un dato così basso da non poter essere ignorato nelle valutazioni sulle percentuali di voto.
Proprio per la molteplicità di sguardi possibili sui risultati, ho deciso di improntare quest’articolo in maniera da dar rilievo alle sfumature ealla complessità, piuttosto che a visione binarie stile vincitori/vinti o a narrazioni trionfalistiche/disfattiste. Concepisco infatti questo pezzo non come un’analisi compiuta, ma come uno strumento di supporto quantitativo alle analisi qualitative, in grado di offrire alcuni spunti di ricerca da approfondire, oltre che qualche consiglio su come raccontare le sfaccettature dei risultati attraverso i dati, senza banalizzarli eccessivamente nella ricerca del “semplice”.
Guardiamo alle sfumature
Le mappe dei risultati dalle tinte forti rosso/verde presentate sul sito del Comune o in TG e giornali raccontano solo una parte molto limitata della storia, poiché semplificano in maniera schematica il risultato. Per favorire un’analisi critica, propongo quindi tre mappe alternative che provano a restituire un po’ più di complessità alle dinamiche del voto. Esistono infatti diverse lenti attraverso cui leggere gli stessi dati.
1. Le preferenze di voto calibrate sul totale dei votanti
A livello comunale, il sì ha vinto con il 66% dei voti. Nelle singole sezioni, vittoria più netta è stata quella della sezione 19 (a Cannaregio), dove il 93% dei votanti ha scelto il “Sì”. La sezione con la più alta percentuale di “No”, 71%, è invece la 232 (Marghera). Questa è la mappa che ci aiuta a capire le sfumature nelle variazioni di preferenze dei diversi territori.
2. Le preferenze di voto in numeri assoluti
Guardare oltre le percentuali può essere utile a capire il peso assoluto delle posizioni. Un 10% di elettori su 10 milioni di votanti è diverso da un 10% su 10 mila. Questa è la mappa che ci aiuta a contestualizzare i risultati tenendo conto anche delle dimensioni delle zone considerate, in termini meno astratti delle percentuali. La mappa non funziona tanto bene con le singole sezioni, che sono relativamente omogenee in termini di elettori, ma funziona bene nel paragonare aree con diverse popolazioni, come i quartieri o le municipalità.
3. Le preferenze di voto calibrate sul totale degli aventi diritto
Vista l’alta percentuale di astensione, una mappa davvero informativa sui risultati deve in qualche modo provare a incorporare questo dato. Se calibriamo le preferenze espresse non sui votanti, ma sugli aventi diritto, i risultati appaiono più sfumati. In nessuna sezione il “Sì” si è avvicinato al quorum di 50%+1 degli aventi diritto (è arrivato massimo al 37%) e, su 256 sezioni totale, solo in 9 il “Sì” è stato scelto da 1/3 o più degli iscritti alle liste elettorali. Questa è la mappa più utile per valutare non solo il voto, ma anche il non-voto, e per contestualizzare meglio le percentuali delle preferenze espresse.
A volte poi non è detto che una mappa sia il modo più chiaro per leggere dei dati territoriali. In questo grafico a barre è possibile cogliere velocemente la diversa presa di posizione nei quartieri veneziani: il Lido è quello con la più alta percentuale di “Sì” tra gli aventi diritto al voto, seguito da S.Marco-S.Elena-Castello-Cannaregio.
L’astensionismo veneziano in contesto: dinamiche nel voto 2004–2019
La maggior parte degli iscritti si è astenuto, in ogni sezione. Lo ha fatto con una certa variabilità percentuale, che oscilla dal minimo del 60% di astenuti della sezione 64 di Lido-Malamocco fino al massimo del 94% alla sezione 212 di Chirignago-Gazzera.
A scanso di equivoci, è bene chiarire quello che ci dicono i dati e quali invece sono i loro limiti: i dati ci possono dire solo chi ha votato “Sì”, chi ha votato “No” e chi tra gli aventi diritto non si è presentato al seggio. Sostenere che quest’ultimo gruppo comprenda, e in che misura, chi è contrario alla separazione è impossibile guardando solo a questi dati, se non attraverso modelli e supposizioni che possono essere oggetto di dibattito. I dati ci dicono che l’astensione ha portato a casa l’obiettivo pratico che si era dato, cioè il mancato raggiungimento del quorum. Ma questo è avvenuto a un costo: la rinuncia al diritto di esprimersi chiaramente con un voto negativo comporta anche la rinuncia al diritto di veder riconosciuta in maniera indiscutibile, nei dati, la propria posizione.
La rappresentatività delle votazioni veneziane passate
La vittoria del “Sì” sarà anche poco rappresentativa, vista l’alta percentuale di astensioni. Ma quanto rappresentativi sono stati i risultati elettorali degli ultimi anni? Il Comune pubblica i risultati elettorali del periodo 2004–2019 a cui possiamo attingere per fare dei confronti con l’ultimo referendum.
Guardando all’affluenza del periodo 2004–2019 ci si accorge che sì, quella del referendum è stata di gran lunga l’affluenza più bassa registrata. Tuttavia il referendum è stata anche la prima volta, nell’intervallo dati considerato, in cui l’affluenza nelle Isole e nel Litorale ha superato quella della Terraferma, che invece è stata storicamente la zona con l’affluenza più alta.
Inoltre questo referendum non è stato l’unico caso con un’affluenza inferiore al simbolico 50% di quorum: è successo abbastanza recentemente, per l’elezione che ha portato all’insediamento del nostro attuale sindaco. Proviamo quindi a incorporare l’analisi dell’astensione in tutti i risultati elettorali dal 2004 a oggi, ricalcolando la percentuale ottenuta dalla lista vincitrice non sul totale dei votanti ma sul totale degli aventi diritto, come è stato fatto in una delle precedenti mappa del referendum. Il grafico a barre qui sotto prova a rispondere questa domanda: che percentuale di voti, sul totale degli aventi diritto, ha ottenuto la lista che ha vinto le elezioni? E come cambia questa percentuale nelle varie suddivisioni territoriali di Venezia Insulare, Venezia Litorale e Terraferma?
La prima cosa che emerge è che l’inversione in termini di affluenza tra Terraferma e Venezia insulare osservata in questo referendum, spiegata nei paragrafi precedenti, ha prodotto un risultato: questo referendum è la prima volta dal 2006 in cui la lista/il voto che ha vinto a livello comunale (il “Sì”) ha vinto con una percentuale maggiore nella Venezia insulare che in Terraferma. Se osservi il grafico precedente alternando tra la visuale focalizzata su “isole” e quella focalizzata su “terraferma” la dinamica è chiara: la maggioranza degli ultimi 14 anni è stata sempre più rappresentativa in Terraferma che nella Venezia insulare.
Qual è la percentuale di voti sufficiente per essere considerata rappresentativa?
Emerge una seconda considerazione, che ci aiuta a mettere le cose in prospettiva. Anche tenendo conto dell’enorme astensione, ha votato per “Sì” il 26% dei Veneziani “insulari”. È tanto? È poco? Questo decidetelo voi. Ricordando però che qui alle elezioni comunali del 2015, una volta tenuto conto dell’astensione (e quindi calibrato i risultati sul totale degli aventi diritto, non sui votanti), la lista Brugnaro Sindaco ha ottenuto il 10% di preferenze al primo turno e il 24% al secondo, quando le opzioni erano 2 proprio come al referendum. Meno quindi di quel 26% favorevole alla separazione. Eppure è il nostro rappresentante.
Il risultato 2019 come tappa di un percorso
Quello del 2019 è il quinto referendum sulla separazione a cui i veneziani sono stati chiamati a votare. Ce ne è stato uno nel 1979, uno nel 1989, uno nel 1994 e uno nel 2003. È soprattutto contestualizzando il referendum attuale rispetto ai risultati dei precedenti che riusciamo a capire se quello del 2019 è stato un fallimento totale o se invece non ci consegni un messaggio diverso. In fase pre-referendum, i suoi oppositori hanno fatto leva sull’astensione come strategia per far fallire il referendum, forti del fatto che l’astensione “fisiologica” li avrebbe aiutati. Il risultato è che ora è impossibile, con i dati, capire il peso di questa posizione rispetto all’astensione generale e metterlo a confronto con i referendum precedenti. Per provare a uscire da questo limite facciamo un’assunzione improbabile, che ci aiuta però a fare un passo in avanti nell’analisi: tutti gli astenuti di tutti i referendum sono stati persone contrarie alla separazione. Con questa premessa ipotetica, ecco come si ridisegna la dinamica delle preferenze.
Il grafico precedente ci suggerisce che:
- L’affluenza è in forte calo ma, guardando alla Venezia insulare e litorale, nel 2019 è rimasta pressoché stabile rispetto all’edizione del 2003.
- A livello comunale nel 2003–2019 c’è stato un crollo dei “Sì” rispetto al picco del 1989–1994. Tuttavia nel 2019, nella Venezia insulare e litorale, il voto favorevole alla separazione è passato dal 13% al 26%, riavvicinandosi al valore massimo del 1994 (30%). La crescita è chiara anche guardando ai numeri assoluti: nonostante lo spopolamento di Venezia insulare e litorale (95,617 residenti nel 2003; 80,726 nel 2018), i voti per il sì in questo territorio sono passati da 11,434 a 18,720.
- Rispetto al 1994 però c’è una differenza fondamentale. Il referendum del 2019 ha sancito per la prima volta la presenza di un chiaro divario tra la posizione della Venezia d’Acqua e quella della Terraferma. È una voce ancora flebile, che rimane sommersa se non si contestualizzano i dati e non li si disaggrega per le diverse identità territoriali…ma è una voce che è indubbiamente cresciuta dal 2003.
Ricordiamoci inoltre che questi dati si riferiscono comunque allo scenario più estremo: quello in cui tutte le astensioni equivalgono a un “No”.
Per concludere, se andiamo oltre il risultato referendario estemporaneo, una lettura dei dati contestualizzata nella storia, sia dei referendum precedenti che delle votazioni degli ultimi 15 anni, non fornisce sentenze quanto una serie di interrogativi sul futuro. Come ha scritto in questa brillante analisi per Il Mulino di G. Ghigi, il referendum non è stato solo una valanga di astensione, ma ha fatto emergere “una faglia che ancora deve trovare risposte”.
La produzione di quest’articolo è stata completamente auto-finanziata e come vedi non c’è nessun paywall: credo nella libera circolazione delle informazioni. Lavorare con i dati richiede però tempo, cura e pazienza: se vuoi mostrarmi la tua gratitudine, puoi offrirmi uno Spritz come gesto simbolico, cliccando sul bottone qui sotto.
Licenza condivisione: Se vuoi riutilizzarne i contenuti sei liber@ di farlo con licenza CC-BY-SA: condividi liberamente a patto di citare propriamente l’autrice con link all’articolo originale e a patto di condividere anche tu allo stesso modo
Se sei una redazione che si trova spesso ad ammirare grafici e analisi, prima di condividerli gratuitamente nei tuoi articoli (cosa che sei liber@ di fare, data la licenza menzionata e l’assenza di paywall), ricordati che puoi assumere anche tu dei data journalists interni per produrre articoli come questo: ce ne sono tante che non aspettano altro.